15 Febbraio 2023

Questo è il quarto post di una raccolta pensata per riflettere sul tema dell’imparare a costruire – o ristrutturare – in bioedilizia.
Nelle scorse puntate abbiamo fatto tutte le premesse del caso e abbiamo parlato di dove, come e con chi abbiamo imparato.

Oggi facciamo qualche esempio pratico di workshop che abbiamo condotto noi sul costruire in bioedilizia. L’idea è raccontarti quanto sono state varie le esperienze a seconda di luogo e collaborazioni e come, in ogni esperienza, anche noi abbiamo imparato – e non solo insegnato – qualcosa.

Non esisteva ancora terraepaglia ed era il primo workshop sulla bioedilizia che conducevamo fuori dal centro Panta Rei. Conoscevamo tecniche e argomenti ma per la prima volta li portavamo fuori dal nostro contesto.

Abbiamo imparato prestissimo che conoscere il materiale è solo il punto di partenza perché ogni cantiere, ogni terra e ogni situazione ha delle caratteristiche diverse. Motivo per il quale il workshop in sè era andato molto bene in termini di partecipazione e coinvolgimento e tuttavia non eravamo riusciti a completare l’intera struttura (un futuro frantoio di 17m x 10m alto mediamente 4m) perché troppo grande e alla prima pioggia di luglio il nostro intonaco esterno composto da terra e calce, esattamente come quello che a Panta Rei aveva funzionato benissimo anni, lì si era letteralmente sciolto.

Take away: ogni contesto è diverso, tecniche che funzionano perfettamente in un luogo potrebbero non funzionare in un altro. Usare gli stessi materiali in luoghi diversi ci aiuta a conoscere tutti i loro possibili risvolti (e quindi a costruire in modo consapevole).

Era il primo anno di terraepaglia e quella del 2015 è stata per noi un’estate di collaborazioni internazionali: la prima in Slovenia e la seconda in Italia con una ONG con sede in Inghilterra e un gruppo di partecipanti letteralmente da tutto il mondo.

In 10 giorni insieme abbiamo visto e sperimentato diverse tecniche costruttive con la terra cruda, dalla realizzazione degli adobe, i mattoni in terra cruda, all’intreccio con canne di lago, dai muri di terra e paglia alle finiture realizzate con la molazza. E’ stato intenso e significativo e per ottimizzare il viaggio dei partecipanti abbiamo lavorato quasi tutti i giorni senza prenderci pause.

Take away: per rendere significativo l’apprendimento c’è bisogno di tempo per riflettere su quanto fatto, vedere il risultato di quanto fatto e poterne discutere.

Costruire senza mattoni – 2019

Questo workshop è nato dalla nostra collaborazione con l’architetto Stefano Mori e il parco archeologico di Montale. In questo parco sono ricostruite, secondo le informazioni dedotte dallo scavo archeologico della zona, due capanne in scala 1:1 di un villaggio Terramare.
Queste capanne sono realizzate con materiali naturali e hanno gli intonaci esterni in terra cruda. Generalmente quando costruiamo sconsigliamo la terra all’esterno perché con piogge, venti e sole potrebbe danneggiarsi negli anni e quindi avere bisogno di manutenzione. Ma le popolazioni delle Terramare avevano un approccio alla vita (e tecniche costruttive) diverse quindi per continuità storica durante il workshop abbiamo rifatto gli intonaci esterni con la terra.

Take away: nel tempo la terra cruda degli intonaci che abbiamo fatto durante il workshop si è dilavata, come previsto, ma resta comunque in ottime condizioni e continua a svolgere il suo lavoro di intonaco/muratura nelle facciate delle capanne. Avere dei luoghi veri dove sperimentare in grande tecniche e “credenze” è molto prezioso per verificare la teoria e proporre nuove soluzioni.

Erasmus+ Forward the earth: Unbuilding – 2022

Siamo alla fine anche di questo quarto e penultimo post sull’imparare a costruire. Oltre ai 4 workshop che ti abbiamo raccontato qui ti ricordiamo che trovi più esempi delle esperienze fatte quest’anno nel nostro portfolio, sezione formazione.

ps. Se vuoi sapere cosa abbiamo fatto – e imparato – in cantiere questo mese, lo puoi leggere gratuitamente qui.